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"Non è la storia quella che divide gli Europei d'oggi"
Strugnano, 16 marzo 2007

 


Discorso di Milan Kučan in Strugnano:

In questo anticipo di primavera è difficile immaginare i terribili crimini a cui questi luoghi hanno assistito più di 80 anni fa. La storia della prepotenza ideologica e dell'odio politico, che hanno portato alla tragica morte dei bimbi, massacrati mentre giocavano in un giorno di primavera proprio come questo, è sconvolgente anche per l'uomo d’oggi, testimone di stragi e atrocità di guerre di tutti i generi. Non c'è niente di umano in questa attività crudele ed atroce. Si tratta di una barbara disumanizzazione, verso la quale noi uomini abbiamo il dovere di opporci, giudicare, dispiacersi e vergognarsi. Protestando ad alta voce ed accanitamente.

Dopo questo crimine è rimasto il profondo dolore umano e la forza del ricordo, che il passato doloroso versa nelle nuove generazioni. E con esso la domanda. Siamo in grado di impedire che qualcosa di simile si ripeta?

Le recenti guerre sul suolo della ex Iugoslavia hanno mostrato quanto coraggio, saggezza ed umanità siano necessarie per evitare le guerre e fermare i soprusi, e quanto poco basti per sprigionare l'odio, i pregiudizi ed il terrore, anche a causa del peso del passato. Dura è la strada che porta alla fattiva convivenza delle comunità umane. Inizia col rispetto per il prossimo.

Inizia con la ricerca e la cura della società ed il rispetto del singolo, con l'adoperarsi per la conoscenza ed il rispetto reciproci e con la capacità di convivere con le differenze. Non è possibile una società pacifica e sicura, se non si rispetta il principio fondamentale della convivenza, che richiede da ognuno che non faccia all'altro ciò che desidera che l'altro non faccia a lui. Si tratta di un alto principio etico, ideale di umanità difficilmente raggiungibile. Richiede, fra l’altro, anche che l'uomo s’interroghi prima sulla proprie responsabilità e solo allora su quelle degli altri. È allora più facile comprendersi, evitare incomprensioni e conflitti, più facile capire gli altri, perdonare e chiedere scusa. Semplicemente è più facile vivere. L'uomo con l'uomo, la nazione con la nazione, la civiltà con la civiltà. Con il rispetto e la comprensione reciproci, con la visione al futuro, alleggerito dei rancori del passato.

Le recenti parole del presidente italiano, che hanno colpito profondamente i popoli della Croazia e della Slovenia, mostrano come sia sensibile il tessuto di tale vita. Non possono rimanere inascoltate le parole espresse da questa posizione autorevole, che ascrivono ad una popolazione una vendetta criminosa e l'impossessamento pianificato di territorio estero, all'infuori del contesto storico ed escluso dall'intero avvenimento in un doloroso periodo della storia europea, senza interrogarsi sui motivi degli avvenimenti sul confine occidentale sloveno dopo la Seconda Guerra Mondiale. Forse, nella giornata del ricordo, è possibile capire i sentimenti di avvenimenti tragici. Più che i sentimenti, però, è necessario scegliere le parole e dire anche quello che è doloroso e non è piacevole sentire, su di se, sulle proprie azioni, sul proprio ruolo, anche sui crimini compiuti. Per capire il proprio destino, è necessario anche capire il destino di coloro dei quali parliamo. Solo allora possiamo giudicare loro e le loro azioni.

La storia ci viene allora incontro e ci difende dalla tentazione di evitarne il peso con il non sapere, l'ignoranza o il silenzio. Di recente i ministri per l'istruzione dell'UE hanno riproposto l'idea di adottare nelle scuole un manuale comune della storia europea. Una visione comune sulla storia d'Europa sarebbe utile e desiderata. Tutta la storia europea è la nostra, l'abbiamo fatta insieme. L'interpretiamo però diversamente, perché diversi sono stati i nostri ruoli.

Alcuni anni fa, dietro l'impulso della politica, le commissioni storiche bilaterali austro-slovena ed italiano-slovena hanno avuto l'ambizione di scrivere una parte di questa storia comune d'Europa. Hanno portato a termine il proprio compito, ma le loro relazioni non sono mai state pubblicate ufficialmente. Molto probabilmente perché andavano oltre l'autocompiacimento nazionale ed in qualche modo si scostavano dalle cosiddette interpretazioni ufficiali del passato, dicendo anche quello che quelle interpretazioni tacciono. La storia comune, così come scritta dagli esperti, non sarebbe quindi più strumento di prestigio politico, pressione e ricatto, bensì motivo d’accettazione e di rispetto.

Non è la storia quella che divide gli Europei d'oggi, bensì la sua interpretazione politica o ideologica. Proprio in ciò risiede la debolezza del già citato discorso dell'annuale Giornata del ricordo italiana. La reazione ufficiale slovena, debole e priva d’argomenti, non ha purtoppo contribuito ad eliminare l'interpretazione unilaterale e di fatto ideologica. Ancor di meno vi ha contribuito il chiarimento italiano a Zagabria, che con l’accusa agli Slavi non intendevano i Croati. A chi ci si riferisce allora, quando si parla di nazione slava criminale? Noi Sloveni non possiamo accettare tali accuse.

Interpretazioni erronee e una cattiva conoscenza dei fatti portano velocemente a definizioni sbagliate. Come dimostrato anche dalla posizione della Commissione Europea, che ha reagito in modo critico esclusivamente alla reazione del presidente Mesić, ignorando la posizione del presidente Napolitano nel suo discorso. L'insolita reazione della Commissione solleva dubbi sulla sua obiettività e sull’effettiva parità dei diritti fra le grandi e le piccole nazioni europee, sul profondo rispetto di tutti, che costituisce l’inizio della strada comune nella diversità europea. Senza la parità dei diritti, anche la storia europea potrebbe diventare mera storia dei grandi, imposta ai piccoli, e mezzo decisionale dello spazio d’oggi ed influsso in Europa. Anche mezzo per far pagare i conti, dubbi, non pagati del passato. Nella sua strada verso l'UE la Slovenia ha avuto modo di sperimentarlo duramente.

E’ necessario rimarcarlo proprio in occasione di questa giornata annuale del massacro dei bambini di Strugnano. Sono state vittime dell'ideologia e della politica nata in Italia che, prima in Slovenia, e successivamente in tutta Europa e nel mondo, ha mietuto milioni e milioni di vite umane, prima di essere distrutta nel conflitto mondiale. Sull'altare della vittoria comune degli Alleati sono state sacrificate sproporzionatamente molte vittime anche della nazione slovena, a causa della resistenza e guerra di liberazione nazionale partigiana. Questo fatto merita un profondo rispetto in Slovenia e in tutta l'Europa democratica. In particolare la lotta degli sloveni del litorale, che sono state le prime vittime del fascismo italiano. L’attività dei vincitori nel dopoguerra, tragica e nella maggior parte criminale, vergognosa e degna di condanna, non può cambiare la Guerra; l'orrore prima e durante non si può tacere o distorcere. La riconciliazione, anelata dalle nazioni europee, divise dal passato, è innanzitutto riconciliazione con la propria storia, il riconoscimento ed il rincrescimento dei propri errori e crimini sugli altri.

A Strugnano sono stati massacrati dei bambini. La loro vita è stata spezzata prima di incominciare. Il braccio fascista ha spezzato i loro giochi. Anche quei bambini avevano il diritto alla speranza. In nome di quelle speranze spezzate, è necessario perseverare affinché questo crimine sia considerato come atto contro l'umanità, ce se ne penta e dispiaccia.

Anche le nazioni hanno speranza. Ed anche la loro speranza non si può spegnere, né con la forza né con la sottomissione. Frutto di questa consapevolezza è l'idea dell'unità europea, della collaborazione, dei pari diritti fra le grandi e le piccole nazioni europee, di un futuro comune e della relativa responsabilità.

È necessario credere e prodigarsi per questa idea europea. Iniziando in modo molto onesto dai propri vicini. Affinché quest’idea continui, è necessario superare il passato.

 

 

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