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ALL’INCONTRO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’EUROPA SUD-ORIENTALE
Discorso del Presidente della Republica di Slovenia Milan Kucan

Celje, 12 March 2002


Photo: BOBO Spettabile Metropolita ed Arcivescovo di Lubiana Dott. Franc Rode, spettabili presidenti e rappresentanti delle Conferenze episcopali nazionali, spettabile Nunzio apostolico Mons. Faustino Sainz-Munoz, spettabili ospiti,

ho accolto di buon grado l’invito del Metropolita sloveno Dott. Franc Rode, che ospita oggi e domani in Slovenia il Vostro importante consesso. A quanto mi è stato detto, sarà dedicato alle circostanze inquietanti e provocatorie dell’Europa sud-orientale. Probabilmente, in particolare a quelle dell’area dell’ex Jugoslavia, alle regioni della morte, dei profughi, delle rovine e dell’umanità gravemente ferita. Lì si protendono ancora verso il cielo le rovine delle moschee, delle chiese cattoliche ed ortodosse, milioni di mine sparse mutilano gli uomini e uccidono le vite dei bambini e degli adulti.

Su queste terre hanno imperversato sino a poco tempo fa i moderni Cavalieri dell’Apocalisse. Qui oggi regna per così dire la non-guerra piuttosto che la pace. Ma dopo tutta la violenza insensata anche questo è già un grande risultato. Permangono però le ferite non rimarginate nei cuori e nelle anime degli adulti e dei bambini che hanno vissuto questi orrori.

Noi Sloveni abbiamo avuto la fortuna e probabilmente anche la saggezza di rimanere al di fuori di questo inferno. Con danni di minore entità, nell’ultimo decennio siamo vissuti in pace e ciò proprio alle soglie di queste grandi ceneri europee. Abbiamo potuto dedicarci al futuro. Il passato ci ha condizionato e ci condiziona soltanto nella misura in cui lo vogliamo noi stessi. Molte volte senza alcuna necessità e purtroppo anche con dispendio delle preziose energie che dovrebbero essere dedicate alla gestione efficace del nostro futuro.

Le religioni e quindi le Chiese hanno avuto ed hanno ancora nei Balcani un ruolo a sé stante nelle società di quest’area. L’appartenenza religiosa è stata ed è tuttora in varie parti anche uno dei principali segni di identificazione nazionale. I conflitti che nelle aree etnicamente miste tendevano alla creazione di uno stato nazionale, possibilmente etnicamente puro, hanno avuto spesso anche connotazioni religiose. I gruppi paramilitari e militari, nel periodo tra il 1991 ed 1995, ma anche in seguito, hanno fatto saltare in aria ed hanno incendiato i luoghi di culto degli altri gruppi religiosi e nazionali coinvolti nel conflitto. Effetti particolari sulla corrispondenza tra appartenenza nazionale e religiosa sul suolo della ex Jugoslavia sono stati prodotti anche dall’inammissibile ed in alcune epoche addirittura aggressivo ateismo di stato che ha frenato con la forza l’emancipazione moderna e postmoderna dell’appartenenza nazionale ed anche religiosa promuovendo la jugoslavità artificiosa come una nazionalità sintetica particolare. Proprio per questo essa non ha potuto rappresentare un valore politico positivo di collegamento diventatando sempre più una camicia di forza per popoli e persone.

Il cattolicesimo, l’ortodossia e l’islam come movimenti spirituali legittimi e comunità ecclesiastiche hanno condiviso in misura maggiore o minore il destino di questi avvenimenti contradittori e conflittuali. Va però detto chiaramente che le ultime guerre sul suolo della ex Jugoslavia non sono state guerre civili né religiose. I venti di guerra sono stati provocati dall’estremo ed aggressivo nazionalismo della Grande Serbia, che ha trovato suolo fertile nella gran parte del popolo serbo, quando questo veniva manipolato con il presunto mito della missione particolare della presenza serba in queste parti del mondo. Dobbiamo soltanto deplorare che questo gioco inammissibile ed antiumano sia stato accettato in parte anche dalla Chiesa ortodossa serba e che siano esistiti dei tentativi di coinvolgere e funzionalizzare anche le altre Chiese dei Balcani.

Intendo i Vostri sforzi come la volontà della Chiesa cattolica di assumersi la propria parte di responsabilità per un futuro favorevole all’uomo anche su queste ceneri della dignità umana e dei valori spirituali europei, ceneri sotto cui il fuoco purtroppo cova ancora e che può divampare di nuovo. Questo rappresenterebbe una nostra nuova sconfitta comune, la sconfitta dell’immagine spirituale dell’Europa che sta nascendo, un’Europa che crede nella pace, nella tolleranza, nella collaborazione e nei valori spirituali comuni. Sono convinto che sorgeranno nuove iniziative per far rinascere l’ecumenismo in queste aree, dove i morti ed vivi invocano il reciproco rispetto e l’avvicinamento tra le Chiese cristiane ed anche il dialogo tra il cristianesimo e l’islam. So che questi avvenimenti cozzeranno sempre di nuovo contro i vecchi e nuovi pregiudizi. Sono però convinto che un lavoro tenace ed insistente porterà certamente dei ricchi frutti. Mi confortano in ciò anche i colloqui che ho avuto con Sua Santità Giovanni Paolo II, ma anche con il Patriarca della Chiesa ortodossa serba Pevel e con il Reis el ulema di Sarajevo Ceriƒ. Un segno ed un messaggio promettente è stato lanciato anche dal recente incontro di Assisi. Sono convinto che la Chiesa cattolica può ed è disposta ad allargare gli spazi della liberà spirituale che per l’uomo è importante al pari della libertà politica, economica e sociale. La libertà personale, quando ognuno indipendentemente dalla propria appartenenza nazionale cerca liberamente e secondo coscienza il senso della vita umana e le norme personali più profonde in essa, quando ogni uomo ha il diritto alla propria verità sul mondo e sulla società, crea un nuovo rapporto tra i diritti umani collettivi ed individuali ed apre la via europea verso la nascita di moderni stati nazionali propri dei cittadini come uomini liberi. Questa è anche una buona via verso un rapporto tra lo stato e le Chiese, in cui i poteri dello stato ammettono il ruolo sociale positivo delle religioni e rimangono nello stesso tempo assolutamente neutrali nei confronti delle convinzioni, religiose ed altre.

Eccellenze, spettabili signori,
il Vostro incontro riveste ai miei occhi un’importanza sociale più ampia. Sono convinto che rappresenterà già di per sé un messaggio positivo per la altre Chiese dell’Europa sud-orientale. Che sarà un invito speciale alla riflessione comune su come rispondere alla posizione che già da anni si sente su tutti i campi di battaglia e su tutte le ceneri del sud-est europeo, la posizione che dice che “noi non potremo vivere mai più insieme a loro”. Quindi noi appartenenti ad un popolo, ad una cultura, religione, civiltà con coloro che appartengono ad un altro popolo, ad un’altra cultura, religione e civiltà. E’nostro comune dovere di civiltà quello di rispondere con fermezza a questa tesi rovinosa dicendo “voi dovete vivere insieme”. Così come in tutt’Europa gli uomini convivono in maniera tollerante e creativa indipendentemente dalle differenze di appartenenza nazionale, culturale, religiosa e di civiltà. Questo è il modo per superare il mondo dell’odio e per cacciare gli spettri del passato. E’ nostro dovere, però, il dovere dell’Europa tutta aiutare questi popoli infelici nella ricerca di nuove forme di vita comune. Un tale messaggio e l’invito anche alle altre Chiese ad aderirvi avrebbe un effetto morale molto forte e sarebbe un grande contributo alla pace, alla sicurezza ed al benessere di queste terre infelici. Non dubito della Vostra ferma decisione di raggiungere questi obiettivi per la soddisfazione di tutti coloro che il Vostro incontro vuole raggiungere. E sono convinto che le nostre valutazioni sulle condizioni di base e sulle possibilità di raggiungere uno sviluppo positivo siano molto vicine tra di loro.

Vi auguro di poter svolgere bene il Vostro lavoro. A tutti gli ospiti stranieri ancora l’ augurio di una permanenza particolarmente felice in terra slovena.


 

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